Intervista a Rita Visini. Tra emergenza ed integrazione

intervista di Angela Caporale
Caporedattrice di SocialNews

Vista la centralità di quella che viene spesso, erroneamente, chiamata “emergenza” Rom, tocca alle Amministrazioni locali e regionali affrontare direttamente problemi e sfide. In questo è significativa l’esperienza dell’Assessore alle Politiche Sociali e allo Sport della Regione Lazio, Rita Visini

visiniAmministrare un territorio come quello della Regione Lazio presenta molteplici criticità. L’ampiezza e la densità della popolazione costituiscono continue sfide giornaliere per un Assessorato. Nel difficile equilibrio tra esigenze dei cittadini e restrizioni politico-finanziarie, spesso le politiche sociali sono le prime ad essere indebolite. Al proposito, uno dei temi cruciali riguarda la questione rom, spesso associata a termini come criminalità e occupazioni ed interpretata come un’emergenza. Tuttavia, è fondamentale relazionarsi con questa etnia in maniera positiva, affinché integrazione ed inclusione sociale diventino realtà.

Quali sono i principali problemi legati all’amministrazione di un territorio caratterizzato da una forte presenza di Rom?
Sicuramente il tema centrale è quello dell’inclusione sociale. Ai Rom deve essere garantita la possibilità di partecipare attivamente alla vita sociale del territorio in cui risiedono, insieme agli altri, in tutte le dimensioni: lavoro, scuola e formazione, casa, salute. Non si tratta di un percorso facile. Ci sono tanti ostacoli di natura culturale e tanta diffidenza reciproca da superare. Purtroppo, per anni abbiamo affrontato i problemi come se questi rappresentassero un’emergenza, mentre, invece, si tratta di una questione ormai molto radicata.

Quali sono le caratteristiche della presenza rom nel Lazio?
È difficile fornire cifre precise, ma la stima è che nel Lazio ci siano 10-11.000 Rom, di cui 8-9.000 a Roma. Una percentuale superiore ad un quinto del totale è composta da Italiani a tutti gli effetti. Le questioni sono quelle tipiche della presenza dei Rom su un territorio: quella abitativa in primis, l’inclusione professionale e anche l’integrazione scolastica. Nel 2013, la Regione Lazio ha accolto il maggior numero di alunni rom, oltre 2.000, ma solo 23 di essi risultavano iscritti alle scuole superiori. Si stima che circa il 40% dei Rom sia minorenne. Appare, pertanto, evidente quanto sia grave il tema della dispersione scolastica.

Come si possono risolvere questi problemi?
L’obiettivo principale degli enti locali e delle comunità rom è, innanzitutto, quello di superare i campi in funzione di una sistemazione più dignitosa. In Europa sono state trovate delle soluzioni ed esistono Nazioni nelle quali l’integrazione risulta migliore rispetto all’Italia. Ciò premesso, bisogna certamente lavorare molto sull’accesso ai servizi e sul contrasto alla povertà.

Che soluzioni sono già state proposte o attuate per migliorare la situazione?
Per favorire l’inclusione, l’Assessorato alle Politiche Sociali attua delle misure non specifiche per i Rom, ma rivolte a tutte le fasce svantaggiate della popolazione. Lavoriamo soprattutto attraverso i distretti socio-sanitari perché i territori conoscono le proprie realtà e vantano maggiori capacità di attivarsi per azioni specifiche. La Regione non dispone di deleghe specifiche sulle politiche per i Rom perché le competenze sono essenzialmente dei Comuni, ma mantiene un ruolo di monitoraggio, sensibilizzazione e informazione e si sforza di garantire azioni omogenee su tutto il territorio.

L’integrazione è possibile? Cosa può fare l’Assessorato per favorire l’inclusione sociale? Ci sono dei progetti di integrazione promossi dalla Regione?
L’integrazione è un obiettivo complesso, ma certamente possibile. Nel corso di quest’anno, la Regione Lazio ha costituito il Tavolo regionale per l’inclusione e l’integrazione sociale di Rom, Sinti e Camminanti, nel quadro della Strategia nazionale. Entro la fine dell’anno partiranno quattro tavoli tematici su salute, lavoro, istruzione e abitazione, le quattro direttrici individuate dalla Strategia. Coinvolgeremo l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR), individuato dalla Commissione Europea come Punto di contatto nazionale delegato dal Governo sulla questione. Fanno già parte del tavolo le associazioni operanti in ambito regionale, ma la partecipazione è sempre aperta a tutte le formazioni che desiderano aggiungersi e agli esperti del settore.

Quali sono i risultati delle attività già avviate? Che limiti e che problemi sono stati riscontrati? Quali sono e come funziono i progetti più efficaci?
In questo momento siamo impegnati soprattutto sul tema del contrasto alla discriminazione. Con le risorse del Fondo europeo per l’immigrazione abbiamo varato un progetto denominato RETES: insieme ad altri partner, la Regione ha creato un sistema di contatti territoriali per arrivare ad un protocollo di intesa con l’UNAR finalizzato ad azioni specifiche di contrasto alla discriminazione in generale. I primi risultati sono incoraggianti.

In conclusione, cosa ritiene più urgente e concretamente attuabile per migliorare la situazione?
Posso esprimermi su quale credo sia l’urgenza propria della Regione Lazio: per noi è essenziale strutturare e radicare il lavoro del Tavolo regionale sui quattro temi-cardine, in modo tale che gli enti locali e il terzo settore possano sviluppare progetti concreti destinati a rendere realmente efficace la Strategia nazionale di inclusione.

Rita Visini
Assessore alle Politiche Sociali e allo Sport, Regione Lazio

Rispondi