Dalla polenta di farro e ceci all’impasto di grano per fare il pano. Lo sviluppo di un grande popolo è documentabile anche attraverso i progressi nella sua alimentazione
di Salvatore Serrapica – 1^ C
1) Il pane e la puls
L’uso del grano per impastare il pane cominciò a diffondersi all’inizio del II secolo a.C. In precedenza, alla base dell’alimentazione dei Romani vi era la puls, una polenta di farro e ceci. Questa veniva accompagnata da frutta o formaggi in base a ciò che offriva il territorio. Un alimento così semplice appariva in linea con il tanto sospirato “mos maiorum” e con la ricerca della frugalità in ogni aspetto della vita.
Informazioni sulla grande diffusione di questa polenta giungono anche da autori affermati, come Plinio il Vecchio. Nella sua Naturalis Historia (libro XVIII) si legge: “Pulte autem, non pane, vixisse longo tempore Romanos manifestum…” (“Si sa che per lungo tempo i Romani vissero di poltiglia, e non di pane…”).
Quando Roma entrò in contatto con il mondo greco, ne assorbì anche la parte di cultura riguardante il cibo. Iniziò, quindi, una diversa lavorazione del grano, finalizzata ad ottenerne il pane.
2) Il Garum
Fra gli accompagnamenti ai piatti principali, il garum era certamente il più diffuso. Nel De Hortis, Gargilio Marziale ne riporta la ricetta, precisando che si trattava di una salsa ottenuta con interiora e pezzi di piccoli pesci, fermentata e poi speziata. Generalmente veniva considerato un contorno raffinato, riservato ai ceti più abbienti, ma ne esistevano anche versioni più economiche.
Nel De re coquinaria Apicio elenca moltissime varianti di questa salsa. Anche da questa fonte se ne ricava l’immagine di uno sfizio dai tratti ellenizzanti diffuso soprattutto nei banchetti dei ricchi. I centri di maggior produzione erano Pompei e Leptis Magna, come testimoniano i reperti di varie botteghe emersi durante gli scavi.
Fonti:
Enciclopedia Treccani
Wikipedia
Plinio il Vecchio “Naturalis Historia”
Gargilio Marziale “De Hortis”
Apicio “De re coquinaria”