Balcani: una parola, diversi concetti?

Sima Avramovic

La radice etimologica del termine riporta al significato di “montagna” . Negli anni ha assunto connotati non solo geografici, ma anche storico-politici. Oggi il concetto stesso di Europa sudorientale dimostra che i tempi sono maturi per un rilancio di “Balcani” quale termine dal significato molto ampio

balcaniBenché il termine “Balcani” assuma una connotazione prevalentemente geografica riferita all’area dell’Europa sudorientale posta a sud dei fiumi Sava e Danubio e compresa tra l’Adriatico ed il Mar Nero, il suo significato appare più ampio.
Non va associato esclusivamente alla sua radice etimologica di “montagna” (la stessa parola “balkan” significa montagna in diverse lingue slave, senza considerare che in Bulgaria sorge una catena montuosa così chiamata). Con questo termine va identificata soprattutto l’identità storica e culturale dell’intera regione.
Utilizzato da lungo tempo, il termine ha acquisito il suo significato culturale e storico soprattutto nel corso del XIX e del XX secolo. Peraltro, l’uso politico e colloquiale della parola è passato attraverso cambiamenti significativi. Durante il XIX secolo, nel periodo in cui le singole Nazioni diedero inizio ai loro moti di liberazione contro il dominio ottomano, i Balcani venivano percepiti come un’area rivoluzionaria, di forte interesse ed importanza politica per i grandi imperi circostanti (Austria, Russia, Turchia). Considerando gli interessi simili e le evoluzioni storiche, ma anche le sovrapponibili condizioni storiche durante il dominio ottomano, questi Paesi apparivano uniti nelle loro identità molto più che negli interessi politici particolari ed instabili. I Balcani divennero tutti insieme l’obiettivo della strategia “Drang nach Osten” del movimento nazionalista tedesco e delle sue tendenze espansionistiche. Le Nazioni balcaniche trovarono il modo di confrontarsi e collaborare tra loro, ed anche di relazionarsi all’influenza politica e culturale tedesca.
Anche la Russia fu molto presente nella costituzione della loro specifica identità.
Alla fine del XIX secolo, l’area veniva percepita dai Paesi occidentali come una regione sottosviluppata, ma promettente.
Un intenso sviluppo legislativo (la Serbia varò la sua prima Costituzione nel 1835 ed il suo primo Codice Civile già nel 1844, molto prima di numerose altre Nazioni occidentali), un rapido progresso economico e conquiste culturali molto avanzate contribuirono a dipingere l’area con colori decisamente brillanti: una sorta di astro nascente ed un territorio utopico.
Nonostante i confini nazionali e la politica ponessero dei limiti a più intense interrelazioni, la percezione delle radici storiche comuni, la vicinanza etnica, e in parte religiosa, ed i comuni interessi economici diedero origine alla connotazione positiva del “vivere nei Balcani”. L’Orient-Express, che collegava l’Europa occidentale con Istanbul, era un simbolo di quei tempi e dell’atteggiamento generalmente aperto nei confronti della regione.
Durante il XX secolo, invece, il termine “Balcani” fu quasi completamente dimenticato nella sua accezione di identità culturale specifica e venne utilizzato solo di rado nel suo significato geografico soprattutto a causa della linea politica di demarcazione tra Nazioni comuniste e non-comuniste. La comune eredità balcanica venne pressoché distrutta e sostituita dalle nuove stagioni politiche. Negli anni ‘90, a causa delle efferate guerre divampate nella ex-Jugoslavia, la nozione quasi dimenticata risorse improvvisamente, ma acquisì rapidamente una connotazione molto negativa. Alcuni Paesi iniziarono a negare le proprie origini ed il termine “Europa sudorientale” divenne più frequente per indicare l’area geografica. Andava, infatti, evitata la percezione negativa che aveva in breve tempo soppiantato i numerosi elementi positivi dello scenario storico e delle radici comuni.
Oggi, messi alle spalle i terremoti politici del XX secolo, il concetto stesso di Europa sudorientale dimostra che i tempi sono maturi per un rilancio di “Balcani” quale termine dal significato molto ampio. La definizione di “Europa sudorientale” è puramente geografica, priva di qualunque connotazione storica e culturale. Può darsi che sia utile politicamente, ma trascura il contesto ed il significato più profondo. Appare come un guscio vuoto. La regione non può essere descritta e compresa correttamente senza valutare la sua storia gloriosa e le radici culturali comuni. È giunto il momento di liberare la parola “Balcani” da riferimenti negativi. L’essenza è ancora viva nelle popolazioni locali e diversi valori della tradizione balcanica potrebbero essere adattati ai nostri giorni.
“Balcani”non è solo un termine che appartiene al passato: ci sono concrete possibilità che possa tornare ad assumere un significato positivo per il futuro, in senso economico, culturale e politico.

Sima Avramovic
Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Belgrado

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