Metamorfosi “ambientali”

a cura di Marina Doz Bonsante

Anche una Suora può fare le corna mentre alla guida della sua vettura viene sorpassata con un colpo di claxon dal solito impaziente automobilista, ci sono i testimoni. Come mai chi al lavoro è un “lento sfaticato” poi, una volta alla guida, diventa uno scatenato pilota? Cosa accade al nostro “galateo” quando diventiamo personaggi del palcoscenico stradale? A prima vista sembriamo sempre l’identica persona, eppure una volta che attraversiamo la strada sulle strisce pedonali, ci arrabbiamo subito con l’automobilista che non si ferma almeno 5 metri prima. Con il volto corrucciato e brontolando contro l’inciviltà contemporanea, attraversiamo la strada guardando il guidatore come un degenerato criminale. Quando cambiamo la parte e “recitiamo” da guidatori, ecco che immediatamente i pedoni diventano degli arroganti intrusi sulla nostra tabella di marcia. Sembra che facciano apposta, tutti zoppi, con la sciatica, con l’andatura di chi sta facendo visita ad una pinacoteca e deve guardare i quadri con calma, fino all’apoteosi di quello che proprio in quel momento deve leggere il giornale e resta bloccato sulle “zebrate” colpito dal titolo: LITIGA SULLE STRISCE E FINISCE IN OSPEDALE. Allora ti guarda e accelera il passo, forse anche per presentarsi subito dopo a bordo del motorino nella veste d’esperto “centauro pedonale”. Metamorfosi ambientali,  si definiscono così queste nostre strane capacità d’eclettismo caratteriale. In effetti, è l’ambiente in cui ci troviamo a determinare il comportamento sociale. Quando camminiamo per città insieme agli altri pedoni, siamo la parte convenzionale. Quella fatta di cortesie spicciole, di sorrisi anche circostanziali ma che il tutto ci permette di comunicare direttamente con il nostro prossimo. Quando invece ci mettiamo alla guida scaturisce tutta la nostra rabbia repressa forse perchè il mezzo, l’automobile, permette al nostro io di sentirsi invincibile perchè corazzato.

Piccole e grandi ipocrisie? E’ probabile vista la necessità che l’uomo ha di mostrarsi agli altri attraverso la buccia esterna e non attraverso la propria interiorità. Bucce che potremmo definire tutte “divise d’ordinanza”, che possiamo mettere e togliere e cambiare a piacimento, che ci permettono di identificare il ruolo del singolo individuo nella società ma che ci permettono di mostrarci come vogliamo al nostro prossimo a seconda delle situazioni contingenti. Fino a quando siamo a contatto diretto con gli altri, il nostro comportamento è adeguato e codificato in quei messaggi di non belligeranza che è meglio esprimere se non vogliamo tornare a casa con un occhio nero. Quando invece ci vestiamo della nostra corazza medievale entrando in auto, le cose cambiano drasticamente. Ci sentiamo protetti dall’armatura della quattro ruote o dall’elmo del motorino, « Se anche mi comporto da cafone maleducato…, nessuno può riuscire colpirmi. Sono protetto dal mio guscio.» Questo è il concetto base della metamorfosi ambientale attraverso la quale ci trasformiamo in despoti, padroni della strada. A quest’incontrollato e a volte incontrollabile cambiamento comportamentale, nessuno è immune, reverenda Suora compresa.

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