La potenza distruttiva dell’uomo

Offendere, degradare, asservire una persona, compreso se stesso, sono azioni che fanno parte integrale della vita dell’uomo. Il crimine costituisce uno dei temi principali trattati da letteratura, televisione e cinema. La guerra rappresenta il centro nevralgico dei testi storici. Racconti concernenti crudeltà dell’uomo nei confronti dei suoi simili sono in grado di attirare l’attenzione al pari di quelli riguardanti l’amore e il sesso. Perché tanto interesse?

Sin da bambini litighiamo, discutiamo, critichiamo e diventando adulti le azioni aggressive ed autoaggressive divengono sempre più frequenti sebbene mascherate in modo da assumere forme non condannabili. Perfino i nostri sogni a contenuto conflittuale superano in quantità quelli piacevoli. L’uomo appare la più distruttiva e violenta tra le specie animali ed è l’unico ad uccidere sistematicamente i propri simili. La scienza attribuisce la bontà e la cattiveria alla corteccia cerebrale, la parte del cervello di più “recente” evoluzione. Eppure in tutti gli animali la base dell’emozione e delle spinte motivazionali ha sede in aree primordiali come l’ipotalamo e le formazioni libiche.

Siamo dunque così letali in quanto dotati di capacità intellettive superiori a qualsiasi altra specie, capacità che anziché contrastare impulsi ancestrali distruttivi li assecondano? La nostra intelligenza è solo una debole preda, serva dell’istinto aggressivo?

Molti ritengono che l’aggressività non origini da uno “stato interno” dell’organismo, ma che sia scatenata da fattori ambientali. La frustrazione dovuta all’impossibilità di raggiungere una meta desiderata e alle difficoltà nei rapporti interpersonali può essere causa di odio, invidia e rabbia, ma anche l’aggressività presente nell’ambiente contribuisce a farci adirare. Il nostro comportamento reciproco tende ad essere speculare: se qualcuno ci sorride, noi sorridiamo; tendiamo a comportarci nella stessa maniera in cui veniamo trattati dall’altra persona; le persone rispondono con parolacce alle parolacce. Nel caso in cui però la risposta ad un comportamento aggressivo non sia simmetrica, ad esempio quando ad un insulto viene risposto con una parola gentile, l’aggressore potrebbe divenire ancora più violento se si sente preso in giro, se vede sfumata e “frustrata” la possibilità di mettere a disagio l’altra persona o di affermare la propria superiorità. Potrebbe però anche adeguarsi al comportamento restituendo un sorriso o potrebbe semplicemente rimanere confuso.

La psiche umana è quindi imprevedibile e i fili dell’azione e della reazione sono in mano ad innumerevoli sfacettature condizionate dall’aspetto sociale, fisico ed ormonale. Appare comunque possibile evitare le liti se uno dei contendenti risponde con calma e con atteggiamento conciliante. Contrapporre la violenza ad altra violenza non porta ad altro che ad aggravare la situazione impedendo ai due litiganti il raggiungimento di un accordo che possa essere ottimale per entrambi.

Ma non sono solo gli aspetti organici a dettare l’orientamento della reazione, le esperienze passate nella propria vita e soprattutto nella propria infanzia sono fondamentali nell’apprendimento di un giusto comportamento. I genitori che approvano o incoraggiano i comportamenti aggressivi del figlio renderanno il figlio ancor più violento, ma anche in assenza di alcun rinforzo o in presenza di disapprovazione verbale è sufficiente per un bambino osservare l’aggressività del genitore verso altre persone od oggetti per acquisire un atteggiamento violento.

Cosa spinge quindi verso il comportamento aggressivo tutte le specie animali? L’aggressività ha per molte specie valore di sopravvivenza individuale e della propria progenie. Nel corso di un combattimento il sopravvivere dipende però più dalle abilità, agilità e forza fisica che non dall’aggressività. Infatti, soprattutto per l’uomo, quest’ultima rappresenta più una minaccia che un aiuto perché può esporre l’individuo a situazioni eccessivamente pericolose che possono condurre alla distruzione  della propria discendenza se non addirittura di tutta la specie. L’uomo è in grado di sostituire l’aggressività con l’apprendimento di abilità e conoscenze; la violenza e l’aggressività appaiono quindi, ad un’analisi psico-sociologica, totalmente inadatte e controproducenti in una società culturalmente evoluta. La spiegazione del perchè osserviamo quotidianamente comportamenti distruttivi si racchiude allora nel pensiero di Freud, secondo il quale la vita organica tende a ritornare alla sua forma primordiale inorganica: “lo scopo della vita è la morte”.

Cristina Sirch

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