Barbara Contini chiede alla SPES aiuti per il Darfur – Sudan

Il sudan è a sud dell’Egitto La provincia sudanese del Darfur si estende su una superficie paragonabile a quella della Francia ed è suddivisa nei 3 Stati del Darfur settentrionale, meridionale e occidentale, la cui popolazione – 6,7 milioni di abitanti – rappresenta il 20% del tortale della popolazione del Sudan.

Nel febbraio 2003, 3 gruppi a base etnica africana hanno preso le armi contro il Governo di Khartoum, costituendo 2 diverse formazioni ribelli, il Sudan Liberation Movement/Army e il Justice and Equality Movement. Obiettivo dei ribelli è contrapporsi agli attacchi sferrati contro i villaggi africani da milizie nomadi di origine araba, i Janjaweed, bande di cammellieri mussulmani che più fonti indicano armate dallo stesso Governo centrale. La guerra civile che ne è scaturita ha prodotto la più grave crisi umanitaria dal 1998, caratterizzata da gravissime violazioni dei diritti umani, da violenze efferate a danno dei civili e dalla distruzione o il saccheggio di interi villaggi d’etnia africana .

Il conflitto che da oltre 1 anno e mezzo sconvolge la provincia del Darfur, in Sudan occidentale, e le comunità d’accoglienza dei rifugiati sudanesi in Ciad orientale, ha prodotto una delle più gravi crisi umanitarie del continente, caratterizzata da scontri persistenti, diffuse violazioni dei diritti umani e da un massiccio sfollamento di popolazioni.

Allo stato attuale, circa 1,5 milioni di persone risentono in modo diretto o indiretto della crisi: oltre 1,2 milioni sono sfollate all’interno del Darfur, altre 190.000, per sfuggire alle violenze incessanti, hanno oltrepassato il confine con il Ciad, dove le agenzie umanitarie temono il possibile arrivo di ulteriori 30.000 profughi.

I 2/3 delle popolazioni colpite sono costituiti da donne e bambini, ridotti in condizioni di vita disastrose ed esposti al costante pericolo di malattie, abusi e violenze.

Nonostante le pressioni esercitate dalla comunità internazionale sul Governo di Khartoum, sulle milizie pro-governative Janjaweed e sui 2 gruppi ribelli che vi si oppongono, la situazione di crisi non accenna ad affievolirsi.

Il 18 settembre, il Consiglio di Sicurezza ha approvato una nuova risoluzione, la numero 1564, in cui si minacciano sanzioni a danno dell’industria petrolifera sudanese, se il Governo di Khartoum non provvederà concretamente alla protezione delle popolazioni civili.

Sono le disastrose condizioni di vita nei campi di accoglienza – con temperature che di notte scendono sotto lo zero; scarso accesso ad acqua, cibo e generi di prima necessità; carenza di servizi igienico-sanitari e condizioni igienico-ambientali aggravate dagli effetti della stagione delle piogge – a moltiplicare i pericoli di epidemie e malattie che, insieme a tassi di malnutrizione infantile in costante aumento, hanno prodotto un drammatico aumento dei tassi di mortalità infantile. La diarrea acuta è legata al 75% delle morti tra i bambini; febbre, infezioni respiratorie acute e le ferite prodotte durante gli attacchi ai villaggi rappresentano le prime cause di mortalità infantile. Finché gli attacchi alle popolazioni civili non cesseranno, difficilmente sarà possibile fornire loro assistenza e aiuti adeguati, invertendo la drammatica situazione attuale, che vede migliaia di bambini morire ogni mese a causa di malattie prevenibili o comunque curabili.

Ogni mese – secondo dati OMS – tra le 6.000 e le 10.000 persone muoiono per le conseguenze del conflitto: tra questi, migliaia di bambini che, ogni mese, perdono la vita a causa di malattie che potrebbero essere prevenute o curate, per le conseguenze delle violenze inferte loro o per le insostenibili condizioni di vita a cui sono costretti nei campi di accoglienza.

 Martina Neri

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